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CAPITOLO LVI.

COMBATTIMENTO DI SORA.

Non la siepe che l’orto v’impruna
     È il confin dell’Italia, o ringhiosi!
     Sono l’Alpi il suo lembo, e gli esosi
     Son le turbe che vengon di là.
      (Berchet).


Ma come si fa! come non saranno ringhiosi gli abitatori di questa infelice penisola, quando l’inferno vi vomitò il levita prete, maestro potentissimo d’ogni corruzione, e massime d’ogni discordia, e che per sventura tanto si è radicato, da diventarne lo svellimento, se non impossibile, almeno difficilissimo, sia per la protezione dei potenti, che se ne servono per santificare le loro scelleraggini, sia per l’imbecillità dei popoli, allettati dal paradiso e spaventati dall’inferno, frutti del loro idiotismo, sia infine per la manía del dottrinarismo, che in questi nostri giorni ha vestito, sulla rossa tunica del repubblicanismo purissimo ed esclusivo, la rancida sottana del prete!

Sino a Subiaco i nostri amici ebbero discreta strada; ma da codesta città a Sora, essi furono