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un gentile ringraziamento della bella guerriera avrebbe, senza dubbio, messo fine all’incidente. Così però non l’intendeva Talarico, nella fiera rozza, indomita sua natura.

Assorbito non so da qual distrazione od affare, egli non trovavasi, come d’abitudine, vicino a Lina, al momento della caduta, e vi giunse dopo che la sua dea era in piedi, ma non ancor libera dalla stretta dell’ufficiale papalino.

«Ahi! — fu il grido doloroso di Pantantrac, quando il brigante gli piantò le unghie nella nuca — «Ahi!»... e non più micidiale sarebbe stata la graffa del tigre. Talarico staccò con tale malagrazia l’ufficiale prigioniero che lo mandò gambe all’aria a molti passi di distanza.

Alcuni minuti vi vollero all’ufficiale straniero per riaversi dalla sorpresa e dalla caduta. Ritornato in sè, alla fine, egli cominciò a scatenarsi, con un repertorio d’improperii da far arrossire anche i soldati del Papa.

«Sacré nom di qua — e sacré nom di là, e brigands d’Italiens!» — senza curarsi della Nazione a cui apparteneva l’uditorio, e che avrebbe potuto risentirsi, se la presenza di Nullo non lo avesse impedito.

«Eh se non m’aveste preso per di dietro!» — e qui un’altra infilzata di sacré nom, e di allusioni anche alla circostanza del convento, in cui era stato disarmato da Muzio.

Straniero e prigioniero, a Nullo rincresceva si maltrattasse quell’individuo. E chi ha conosciuto