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erano assuefatti a disprezzare, perchè sempre discordi, e che ben potevano sgozzarli senza tema d’infrangere le leggi della giustizia. Perchè, a che questi vampiri del sanfedismo, che come i preti hanno la loro divinità nel ventre, vengono a saziare i loro indecenti appetiti a danno d’un popolo infelice che li trasse dalle foreste, ove marciavano a quattro gambe come i gatti, e li pose sui piedi di dietro dicendo loro: «Siate uomini!?»

I trecento passeggiarono padroni per le vie di Tivoli provvedendosi d’armi e d’ogni cosa bisognevole per il loro viaggio, mentre che la popolazione in odio al papato li acclamava con ogni segno di simpatica benevolenza.

Nullo, a cui non fuggiva la falsa posizione in cui s’ingolfava quel buon popolo, credente nell’apparizione dell’avanguardia del grande esercito italiano — ciocchè altro non erano che i pochi esuli dalla città eterna, così ammonì quella parte della popolazione che s’era affollata intorno ai nostri militi:

«Fratelli! io vi ringrazio per la manifestazione vostra d’affetto che ricorderò co’ miei compagni tutta la vita. Devo però prevenirvi che noi non apparteniamo all’esercito italiano, oggi diretto verso il mezzogiorno, ma bensì a quella schiera dei Mille che, favorita dalla giustizia della sacrosanta causa d’Italia, oggi milita vittoriosamente contro i Borboni, alleati dei vostri tiranni;