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«Voi la vedete la linea nemica, dietro quei ripari» diceva io al comandante d’una compagnia milanese che si trovava di avanguardia, «Ebbene, spiegate in catena la vostra gente, e caricate senza fare un tiro sino a raggiungerli, quei ripari, la colonna vi seguirà immediatamente».

La stessa ingiunzione io feci ad una compagnia calabrese, che stava alla mano, e tutta quella brava gente caricò intrepidamente il nemico.

La colonna che marciava dietro e che prese la stessa direzione, era comandata dal generale Eben, che marciava alla testa con un nucleo di valorosi ungheresi.

Questi prodi marciarono verso il nemico coll’arma al braccio, come in piazza d’armi, e ricorderò sempre con orgoglio d’aver comandato a simili militi.

Il fiero ed imponente contegno delle nostre colonne, marciando avanti senza sparare un tiro contro una grandine di granate e di fucilate, scompigliò il nemico, e lo sloggiò dalle sue posizioni.

Contemporaneamente caricato a destra dai generali Medici e Avezzana, cioè da tutte le forze di Monte S. Angelo, e da sinistra da parte dei corpi dei generali Türr e Mielbitz, il nemico fu posto in fuga dovunque, perseguendolo i nostri sino sotto Capua.

La giornata fu completa, e verso quell’ora,