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capitolo xlvii 277


ralmente e meglio con alcune opere, e la gente sufficiente per difenderla, distava dal grosso dell’esercito borbonico, accampato a levante di Capua, di poche miglia. Quell’esercito contava circa quaranta mila uomini, ed ingrossava ogni giorno. Per occupar Caiazzo si fece una dimostrazione sulla sponda sinistra del Volturno, ove si perdettero alcuni buoni militi nostri, massime per la superiorità delle carabine nemiche e per esser detta sponda dominata dalla destra ed i nostri allo scoperto.

Il 19 settembre ebbe luogo l’operazione: si occupò Caiazzo, ed io giunsi lo stesso giorno per assistere al deplorevole spettacolo del sacrifizio dei nostri poveri volontari, che avendo marciato, secondo il costume loro intrepidamente sul nemico, sino sull’orlo del fiume, furon poi obbligati, non trovandovi riparo contro la grandine di palle nemiche, di retrocedere fuggendo, fulminati alle spalle. Il giorno seguente, credo, il nemico inviò un forte nerbo di forze ad attaccare i nostri in Caiazzo, che in pochi, furono obbligati di evacuare, e ritirarsi precipitosamente verso la sinistra del Volturno, dopo d’essersi valorosamente battuti, ed aver perduto non pochi militi, morti, feriti, ed affogati nel fiume. L’operazione di Caiazzo fu più che un’imprudenza, una mancanza di tatto militare, da parte di chi la comandava. — E serva quell’esempio ai nostri giovani militi, tuttora obbligati a studiare quella manía di macellar gli uomini, che si chiama arte della guerra.