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268 | i mille |
bella Giovanna, era un bravo giovane e valorosissimo — non apparteneva però alla società di temperanza, o se vi apparteneva n’era sovente un trasgressore; — ed in quella sera essendosi fermato più del solito presso al banco della sua Giovanna, vi aveva alzato il gomito oltremodo.
Padrone del cuore della padrona, il nostro Bajaicò si credè nel diritto di passeggiare il locale tutto, e ad onta delle ammonizioni e preghiere della Giovanna che cercava con varii pretesti di allontanarlo dal proposito d’internarsi, il focoso discendente di Balilla avventurossi nell’andito del corridoio di destra, ove fu fermato dalla sentinella. Peggio, allora, giacchè se aveva poca voglia di andare avanti, senza opposizione, ora glie ne nacque moltissima, impedito materialmente e bruscamente dalla sentinella nel suo disegno.
L’atto primo di Bajaicò, trattenuto con poco garbo da un individuo qualunque, senza distintivi, fu di mandarlo gambe all’aria con un pugno, ciocchè egli eseguì con facilità essendo svelto, nerboruto ed audace; — ma in un momento egli venne attorniato da molti e condotto in presenza di Tifone. — Il suo processo fu presto finito e la sua sorte decisa. — Un’occhiata del capo bastò per condannarlo, legato colle mani addietro, e condurlo nell’interno per esservi immediatamente sacrificato.
In questo il giudizio di Tifone somigliava a quello d’un vecchio romano che, consultato sul