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252 | i mille |
tezze e carceri, e poi lasciolla cadere rumorosamente nel fodero di metallo.
Tanto entusiasmo non potea mancare di eccitare l’anima più esaltata d’assai del brigante, e dopo d’aver contemplato in estasi la fisionomia illuminata del vecchio soldato, il figlio dei Vulcani esclamò più impetuosamente del primo:
«Vergine santissima! basta! inviatemi, e per S. Gennaro, questo mio ferro (che gli era stato restituito dal maggiore) somiglierà la spada di fuoco con cui l’arcangelo percuoteva i condannati da Dio!».
«Bene così» ripigliava il maggiore, «ma conviene che tu m’ascolti sul da farsi prima di far giocare il ferro».
Soddisfatto di sè stesso, e pettoruto per l’effetto prodotto dal proprio eloquente discorso, Fior di Bacco, dopo d’aver dato un’occhiata intorno la stanza, e prestato l’orecchio al famigliare rumore dei topi, che riconobbe non esser di gente, dopo d’aver famigliarmente posta la mano sul braccio di Tifone, e con dolce violenza trascinatolo lontano dalla porta, continuò con voce più sommessa:
«Le buone notizie a te comunicate e la prossima vittoria del nostro esercito, tu devi annunziarle a tutti i nostri nella città, nei principali centri della camorra, che ben conosci, in tutti i conventi e in tutte le chiese, che lì non puoi sbagliare, e finalmente devi adoperarti perchè