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capitolo xliii 243


il comandante del forte nominato dal prodittatore (e qui Fior di Bacco fece un sogghigno di scherno, come se avesse voluto disprezzare il venerando martire dello Spielberg), marciò anche lui per il Volturno con quanti avventurieri potè raccogliere (avventura non del gusto di Fior di Bacco che volea conservar la pelle intatta, per certi usi a lui conosciuti), giacchè essi presentono la tempesta che si sta formando per annientarli». — «Bene, maggiore! La causa di Dio presto trionferà, e gli Amalechiti cadranno sotto la spada di fuoco de’ suoi Arcangeli» . (Gli abbiam veduti veramente gli Arcangeli alla difesa del Borbone, dell’Infallibile).

«Bene! vi lascio perchè devo vedere alcuni de’ nostri capi in città, conferire con S. M. al campo, e recarmi poi ad Isernia, ove altre faccende interessantissime per me e per la causa santa mi chiamano».

Gl’interlocutori si porsero la destra, ma per abitudine, ed una reciproca occhiata di diffidenza squadrò da capo a piedi reciprocamente i due agenti del Sanfedismo.

Fior di Bacco corse a prenderne un gotto per modificare la sete cagionata dal lungo discorso, e Corvo s’incamminò verso il ponte levatoio, uscì dal forte e precipitossi per le vie di Napoli, onde abboccarsi coi magnati dei partitanti del Borbone, e preti e frati, e stimolarli a dar addosso agli eretici, nel gran giorno di vittoria dell’esercito liberatore. — Dico precipitossi, giacchè dal giorno