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capitolo xli 223


nemica vostra, ma la destra di questo vostro valoroso capo mi strappò dalle ugne della morte ch’io bramavo, e mi redense dal vilissimo servaggio in cui la perversa corruzione di codesta canaglia m’avea precipitato».

«Io qui in ginocchio (e si genuflesse) vi prego di credermi e di perdonarmi! Vi prego di permettermi di condividere le gloriose vostre fatiche, e di cancellare con una vita di devozione e di sacrifizio alla patria tutta la nefandezza della mia vita passata».

«Io vi accompagnerò, ed accompagnerò questo mio salvatore, non perchè mi senta degna di voi e di lui: troppo macchiata, troppo infamata fu la passata mia esistenza. — Ma tanto santa, tanto umanitaria, è la causa da voi impugnata, ch’io non dispero di redimermi! Non dispero del perdono, e voglio in ogni modo consacrare questo infamato mio essere a servirvi, ed a servire l’emancipazione degli schiavi, sino alla morte! Marzia, la degna compagna di Lina, l’eroina dei Mille, fu da me travolta in inganno ed in servitù! Io ho servito d’istrumento ai persecutori della sua innocenza — e per prima prova del mio ravvedimento, io stessa vi condurrò alla liberazione dell’esimia guerriera!»

Terminate queste parole, la bella testa della Contessa rialzavasi a contemplare il consesso degli uomini da cui aspettava una sentenza di vita o di morte. Tutta questa brava gioventù, però, non era altro che commossa per l’abbiezione di