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giuro, spargendo il sangue generoso sui campi della Polonia, per la redenzione di quel nobile popolo).

A quel giuro solenne, tutti distesero la destra e gridarono unanimi: «Giuriamo!»

Fra i trecento, posta dietro a Muzio, v’era una figura difficile a discernere, perchè avvolta in un mantello somigliante all’antica toga romana. — Essa avea nascosto il volto dal principio della conferenza sino al punto in cui si favellò di Marzia; — ma da quel momento, chi l’avesse bene osservata, avrebbe scorto una irrequietezza indomabile, un muoversi continuo, una smania potente di favellare. Gettando sulla sinistra spalla la grande toga e ponendo in libertà la destra, la persona che sembrava albergarsi sotto l’usbergo del valoroso capo dei trecento, esclamò, facendo un passo avanti, e mostrando uno di quei volti che, veduti una volta, rimangono per sempre scolpiti nell’anima «Ascoltatemi!»

La Contessa Virginia N..., perchè essa altro non era che la vittima del gesuitismo, la salvata da Muzio, avea la fronte e le guance leggermente solcate dalla sventura e dal pentimento, ma il suo volto malinconicamente bellissimo infondeva ancora ammirazione tale, da meritarsi il culto di qualunque uomo.

«Ascoltatemi!» essa esclamò, «o nobili figli della mia Roma infelice! Voi qui vedete la vittima di quell’infame setta nera, a cui l’Italia deve tutte le sue sventure! Ieri io era ancora