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CAPITOLO XLI.

I TRECENTO.

 Il navigante
Che veleggiò quel mar sotto l'Eubea
Vedea nell' ampia oscurità scintille
Balenar d' elmi e di cozzanti brandi.
 (Foscolo).


Roma! e che scriverei io, se non m’ispirassi nell’immenso tuo nome, nelle immortali tue memorie!

Tu suscitasti nel petto mio di diciott’anni, l’amore del generoso, del bello, del grande, l’insofferenza d’oltraggi e l’affetto mio sviscerato a questa terra natìa, allora calpestata da mercenari. Oggi non fortunata, ma crollando la ricca ed altiera cervice, e non invano, all’insolente straniero consueto ad umiliarla.

O Roma! tu fosti la mia stella polare nell’avventurosa mia vita, e prendendo ad emuli i tuoi grandi, io ebbi la presunzione di meritarmi la tua stima. Anche canuto, tu susciti nell’anima mia qualche cosa che mi ringiovanisce, che mi spinge a far tuttora il mio dovere di milite e di