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210 | i mille |
«Una volta si contava tra le più astute, come astutissima la nostra corte, e massime poi la più furba ancora, consigliera della stessa la Compagnia di Gesù, tenuta per stupenda ed universale nel sapere ogni cosa di questo mondo e sventarla, quando tale cosa poteva nuocere agl’interessi di santa Madre Chiesa. — Oggi noi siamo lasciati molto indietro dalla Corte dei galantuomini (e qui un solenne sogghigno) in ogni specie di furberia e di malizia. Il moderno Macchiavello di Torino ha saputo far capire allo Imperatore che l’esercito sardo moveva nell’interesse generale dell’ordine Europeo, per combattere la demagogia invadente le due Sicilie; quando esso calpestando ogni diritto umano e divino, scagliasi sull’esercito santo (non più composto di legioni d’angeli però) e s’impadronisce, come lo fecero le orde dei Vandali del santissimo Patrimonio».
E qui parlando del santissimo Patrimonio, l’Eminentissimo appoggiò ambedue le mani sul vertice d’un potentissimo ventre, ove gli scarafaggi, grandi e piccoli, hanno edificato il loro santissimo e bruttissimo tutto.
«Ah! i bei tempi delle passate nostre glorie!» esclamò il generale «quegli aurei tempi Borgiani ove sì temuta era la possanza delle sante chiavi! ove quando non valeva il pugnale a curare certe prepotenze, là era pronto il veleno» e guardossi attorno «infallibile mezzo per ricordare ai protervi il rispetto a noi dovuto».