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capitolo xxxvi | 185 |
fronte, aveva oltraggi, bastonate, e vi moriva dalla fame!
Guerra dunque per metter i ladri fuori di casa! Guerra! E qualche volta sconfitti — ma finalmente beati dal sorriso della vittoria, e da quello preziosissimo delle nostre donne, non contaminate al contatto di mascalzoni stranieri! Sconfitti!.... sì, quando i mali semi della tirannide e del prete, dopo d’aver pervertito, corrotto la nazione, la dividevano in tante parti, ciascuna delle quali troppo debole contro i prepotenti, ed incapace di sostenere l’onor nazionale calpestato.
Così divise le popolazioni nostre, lo eran poi ancora nelle singole loro frazioni, tra volenterosi, indifferenti e birbanti. — Trovandosi i primi in numero minimo, sicchè calunniati, traditi, venduti, finivano per essere espulsi o schiacciati dai ladri.
E quando dico ladri, io non intendo soltanto i ladri di un pane, o d’un grappolo d’uva, ma i grandi ladri, quelli che rubano i milioni collo specioso pretesto di difesa nazionale, i chercuti che rubano al povero popolo l’obolo di S. Pietro per saziare i loro vizi ed assoldare mercenari stranieri; infine i grandissimi ladri che dopo di aver rubato una provincia od uno stato, ne coonestano il furto colla durata del dominio, e colla grazia di Dio, commettendo così il doppio delitto del furto e del sacrilegio!
Amico della pace, è vero, io sono, e me ne vanto. — Comunque, una vittoria sui mercenari
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