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capitolo xxxv | 181 |
I bianchi capelli del canuto, benchè fossero stati pettinati con cura, s’eran sconvolti al punto di sembrar l’anguicrinita testa di Medusa, in agitazione perenne. La fronte sua rugata come non si vide mai in creatura umana, era plumbea, e plumbee le sue guancie e smorte. Le labbra livide, e l’occhio, chi avesse potuto fissarlo da vicino, vi avrebbe trovato un miscuglio d’idiotismo e di disperazione.
E Marzia? povera Marzia! sì buona, sì bella, sì valorosa! costretta a mantenersi quieta in mezzo a quel branco di scellerati ch’eran pervenuti ad impadronirsi di lei!
Chi considerava attentamente il padre e la figlia, non poteva a meno di dire tra sè: Pare impossibile ch’esso possa esserle padre. — Saranno i patimenti, la prigionia, che tanto hanno contraffatto i lineamenti del povero vecchio. Ma essa, la giovane conversa, ha pochissima somiglianza col genitore. — Piuttosto essa sembra esser stata modellata dalla natura su quel bellissimo originale di donna che le sta accanto e che tanta cura si prende di lei, di cui sembra maggior sorella. E qui il lettore deve sapere che causa principale della quiete della nostra eroina, era una catenella, anche questa adorna dagli stessi colori del vestiario della fanciulla, e che la malizia dei suoi persecutori avea fatto maestrevolmente adattare alla cintura nella parte posteriore per mezzo d’un fermaglio.