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capitolo xxxv 177


d’un prete francese, che, per motivo d’essersi un po’ indecentemente calcato sulla Lina, ebbe da Torquato tale un pugno sui fianchi che si lasciò cader svenuto dopo un «ahi!» dei più commoventi.

In altra circostanza sarebbe stato fresco il monarca della montagna, poichè oltre ad esser prete, la sua vittima apparteneva a quel clero insolente ultramontano, artefice della sventura della Francia ed onnipotente in Roma nell’epoca in cui scriviamo.

Però Torquato aveagli amministrato il pugno con tanta destrezza, e la folla era tanto folta che nessuno s’accorse del colpo, o se qualcuno, non bisogna poi credere che tutti sieno amici dei preti in Roma. Comunque, l’ex-brigante con alcune spinte di gomiti, ebbe presto il suo corpo non molto distante, ma fuori almeno dal campo di battaglia.

Birri a piedi, a cavallo, in militare, in borghese, spie nella stessa foggia, e agenti di polizia, preti-sagrestani, frati e simile canaglia, ebbero presto ricondotto l’ordine dopo una gran dose di paura.

L’ordine! — Un milione d’uomini scaraventati al macello nella guerra franco-germanica, per la gloire e l’equilibrio europeo, non l’han turbato l’ordine! — I loro scheletri, biancheggianti sul suolo della Francia, sono in ordine. — Cinque o sei milioni di famiglie precipitate nella miseria, nel lutto e nella prostituzione non turbano l’ordine!