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capitolo xxxv 175


folla, come energumeni, si precipitavan gli uni sugli altri, dimodochè, grandissima essendo la calca, i primi verso i processionanti spinti da quei di dietro si rovesciavan sui ceri, ed i ceri gli uni sugli altri, e questi sulle beghine, delle quali alcune accesero le gonne, altre le cuffie, infine un finimondo!

I preti poi, che per le beghine hanno la calamita, massime se giovani e belle, si lanciavan al soccorso delle loro predilette con un eroismo veramente degno dei tempi antichi di Roma. — E si raccontarono poi dei fatti di coraggio non mai intesi nelle storie sacre dai Maccabei a Ignazio di Loiola e Domenico di Guzman.

La catastrofe era stata cagionata dal grido di una delle due donne nel carro trionfale, e la voce che come un fulmine colpì la moltitudine, fu «Lina! Lina!» e questa voce era stata contraccambiata nella folla con quella di: «Marzia!»

E veramente, povera Marzia, essa avea riconosciuto l’amica quasi sorella ed accanto a questa il diletto del suo cuore, unica speranza nell’esistenza sua sventurata, non nominato da lei, ma compreso nel nome della bella alpigiana.

Lo arrovesciarsi poi della calca sugl’incappucciati e le povere beghine, aveva avuto origine dallo slanciarsi della Lina verso il carro, movimento che, seguìto dal robustissimo P..., avea spinto la moltitudine sulla processione.

Per colmo di disordine, vedevansi altri individui, all’apparenza ben maneschi, che cercavano