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172 | i mille |
Eppur i ministri di Dio di che dovrebbero aver paura, col loro amore del prossimo, la loro mansuetudine, infallibilità, carità e tante altre doti che devono distinguerli e farli rispettare ed amare dal loro gregge?
Ah vipere! emanazione dell’inferno! verrà quel giorno in cui i popoli vi conosceranno e di voi purgheranno la terra!
La folla aumentava sempre e l’immensa piazza di San Pietro n’era colma siccome le due grandi vie della Lungara e di Castel Sant’Angelo. Il calore era soffocante, ragazzi e fanciulle che non si trovassero sollevati dai parenti od amici, rischiavano di restare schiacciati.
Quante tisichezze produrranno queste solennissime feste cattoliche e quanti tifi prodotti dalla agglomerazione di fiati, massime nelle sante stalle! — Ma che importa agl’Italiani d’andar curvi col gobbo dai baciamani e dalle genuflessioni cui li assoggettano i preti! Che importa la razza deteriorata e le paure suscitate dagli stessi, e che impiccioliscono ed avviliscono l’individuo! Quello che importa son le feste, coi loro apparati, organi, musiche, i loro canti da eunuchi. — Eppoi son così splendidi negli adornamenti, così incensati tutti quanti quei graziosi ministri del Carpentiere di Galilea, dal sagristano al papa! Ed il paradiso apertissimo a tutta cotesta canaglia lo contate per nulla? Il paradiso, veh! ove eternamente cantano gli angioli (non ridete, vi prego), ed ove eternamente vi bea il sorriso di