Pagina:Garibaldi - I Mille.djvu/195


capitolo xxxv 171


narchi ai loro carri trionfatori e questi moderni Romani affittatori di stanze e mercanti di corone, di scapulari, d’Agnus-Dei, pezzi della vera croce, di prepuzii e di santissime matrici, tutta roba che puzza come l’abito sudicio di cotesti buffoni, ciarlatani che la danno ad intendere alle abbrutite popolazioni!

Ma ve ne saranno molti in Roma, veri discendenti del popolo gigante? Tra questi servi di preti, cuochi di preti, lacchè di preti, figli di serve di preti, artisti ed operai di preti e figli infine di monache e di Perpetue di preti!

Qui mi passano per l’insofferente mio pensiero tanti altri epiteti, per lo più diffamatori, e siccome amo il popolo romano, non vorrei amareggiarlo vergando delle infamie, e mi contenterò di maledire i chercuti corruttori d’ogni bellezza! d’ogni grandezza umana!

Nullo, dunque, con P...., Lina ed il loro servo Torquato (nome assunto da Talarico), riunitisi a Reggio dopo la resa di quella città all’esercito meridionale, profittarono del passaggio nello stretto d’un vapore inglese per recarsi a Civitavecchia e di là a Roma onde vigilare sulla sorte della Marzia, e sottrarla, se possibile, dalle ugne dei preti. — Noi li lasciammo al termine del colloquio con Muzio; — P... e Lina soli rimasero insieme. Nullo e Torquato erano convenuti di stare alla vista dei suddetti, ma a qualche distanza per non destare colla riunione di quattro i sospetti della vigilantissima polizia papalina.