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166 | i mille |
un evento di cui essa era stata vittima, e più di tutto, il potere aver contezza dell’amata sua Marzia.
La naturale curiosità donnesca la stimolava poi immensamente, già placata com’era dalla notizia che i suoi Mille eran padroni di Reggio e che presto sarebbe essa redenta all’amore de’ suoi cari.
«E voi che vi millantate Italiano ed apprezzatore delle gesta dei Mille, in cui tutto dev’essere generoso e decoroso per la patria italiana, perchè v’incaricate di molestar la pace di due fanciulle che non vi offesero e che appartengono a quella nobile schiera?
«Io lo ammenderò questo mio fallo» rispose il brigante, e dopo un momento di meditazione:
«Sì, lo ammenderò! ed uno ben maggiore di questo io devo ammendare!1»
Queste ultime parole furono articolate con voce sommessa, ma con un accento quasi di disperazione.
Poi energicamente soggiunse:
«Me le perdonate le ingiurie da me ricevute ed i danni, nobile donzella? Vedete, io abbisogno del vostro perdono come dell’aria che respiro. E se mi perdonate, questa miserabil vita che mi è divenuta insopportabile, ve la consacrerò tutta intiera! Non come un amante, io ben so che il vostro cuore ha scelto, ma come uno schiavo. — Io mi contenterò di baciar le zolle da voi calpe-
- ↑ Egli alludeva all’assassinio premeditato e non riuscito a Palermo contro il Dittatore.