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164 | i mille |
altra corda per udir la desiata favella e far cessare il silenzio della bella sua preda.
Ed ecco come vi riescì:
«I Mille» egli disse «entrarono in Reggio la notte scorsa e pare che niente possa resistere a questi rossi demonii.
«I Mille in Reggio!» esclamò Lina obliando aver essa risoluto di non rispondere al suo predone.
«Sì! in Reggio! ed essi entreranno in Napoli un giorno o l’altro, giacché i vigliacchi e panciuti generali di Francesco altro non sanno che far la guerra ai quattrini della nazione ed altro Dio non adorano che il ventre.»
Lina rimase un po’ stupita da questa foggia di discorso, ed essa avrebbe diffidato del comandante della Sirena se questi non si fosse spiegato con un accento d’ira e di disprezzo che dava garanzia della veracità delle sue parole.
Un momento di silenzio seguì l’ultimo discorso di Talarico, e vedendo che la fanciulla non rispondeva, egli ricominciò con più fervore di prima.
«Italiano lo sono anch’io, per la Madonna! e tengo primo fra gli onori quello del mio paese. — Poi, è da molto tempo che in cuor mio» e si pose la mano al cuore «io sono con codesti prodi propugnatori del patrio decoro. — Da molto tempo pure io disprezzo questi mercenari servi, vili strumenti di chi li paga, che coi preti hanno ridotti i nostri popoli ad essere il ludibrio dello straniero.