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chiedo perdono per aver dubitato dell’alta vostra capacità un momento».

Padrona della sua preda, essa sentì subito il bisogno d’allontanarsi dall’esoso soggiorno d’una fortezza e di Recarsi a Roma ove l’aspettavano il trionfo della sua vittoria, e la soddisfazione di veder una rivale odiata, trascinata nel fango delle cloache pretine.

Tale è la cecità in cui le passioni avvolgono l’essere umano: il che però non manca giammai di lasciar traccia di rimorso per tutta la vita.

«Ma la compagna» pensò essa, e qui bisogna far giustizia a questa donna colpevole, e straordinaria «la compagna è innocente, non entra nella mia vendetta, e senza dubbio devo restituirla a quella libertà, che essa non ha meritato di perdere.» Però, ripensando, essa credè bene di non rinviarla sulla sponda sicula, ma di farla sbarcare a Reggio nella notte seguente, per più distoglierla dal filo della trama sciagurata.

Presa tale determinazione, la contessa ingiunse al governatore di far subito eseguire i preparativi per la partenza di lei, e di far sbarcare Lina a Reggio nella notte seguente. E tale incarico fu nuovamente dato a Talarico.

Un capo di briganti, per capo di briganti che sia, per cuore di leone ch’egli abbia, quando capitano nelle sue mani creature vezzose come la Lina, che per il nostro Talarico avea di più il pregio d’una magnifica capigliatura bionda, non comune tra le trecciate d’ebano delle cala-