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CAPITOLO XXXIII.
ROMA.
De’ vivi inferno! |
Era il primo di settembre del 60, e verso le dieci antimeridiane una immensa folla brulicava dalla superba Basilica di S. Pietro, il maggiore dei templi del mondo.
Sino al ponte Elio, oggi di S. Angelo, e dallo stesso in tutta l’estensione della Lungara — quella moltitudine per la maggior parte devota, non lo era al punto di sfidare i raggi solari, cocenti in quella stagione, ed in quell’ora, in cui la brezza marina non ha rinfrescato ancora l’atmosfera corrotta della capitale dell’Orbe Cattolico; tutti tendevano verso l’ombra delle case, ciò che a tutti non riesciva, per la qual cosa verso la parte del Tevere v’era proprio da soffocare, tanta era la calca.