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capitolo xxix 141

sasse dal gesticolare. — Egli non urla, non fiata, trattiene il respiro, ma se voi lo fissate vi accorgete non esser fermo un muscolo del suo corpo. — Non fa rumore, poichè davanti a lui, nella morte del povero pesce, sta la vita della famigliuola che lo attende per un tozzo di pane. Non fa rumore, ma un galvanismo irrequieto scorgesi in tutta la persona, dai piedi nudi ed anneriti al crine irto, e sconvolto, e mobile come rappresentano l’anguicrinita testa di Medusa.

Cessa i tuoi palpiti, le tue impazienze, la tua sete di sangue d’un nemico che non ha altro torto oltre quello di aver le sue carni gradite al palato dell’animale uomo — altro delitto fuor di quello di appartenere a razza men volpina, men maliziosa, giacchè egli, di te più forte, guai se si attentasse di difendersi. —

La tua barca, la tua vita e quella de’ tuoi compagni andrebbero in un fascio. Ma consolati, non aver rimorsi, egli senza malizia assapora la carne di pesci minori, e se vittoriosamente combatte colla balena, non è per proteggerli, ma per gelosia di mestiere. Tali son le odierne monarchie in guerre così continue od in pace armata per la grandezza della propria nazione, la difesa nazionale, per una causa giusta, anzi giustissima, santa! per la protezione infine di sudditi che si pappano per la maggior gloria di Dio da cui emanano direttissimamente. — Lasciamo dunque entrare il pesce spada nel novero delle vittime, giacchè egli conta tra i predoni. —