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capitolo xxvii 135


Vedendo il generale prostrato a’ suoi piedi, la sua bocca accennò un sogghigno di sprezzo, ma ritornando al carattere gesuitico da lei assunto, e ricordando l’odiata rivale, la contessa concesse la mano al mercenario, ed anzi, lo aiutò a rialzarsi, unico favore che egli mai avesse ricevuto dalla superba romana.

«Io non sperava meno da voi» — ripigliò l’astuta — «e S. Maestà il Re ne saprà di certo tener conto dietro le raccomandazioni supreme di S. Santità».

«— Con tutto il rispetto che io devo agli eminenti personaggi da voi nominati, è a voi, Madonna, che io voglio piacere ed ubbidire in quest’impresa ». —

E queste parole furono pronunciate con accento energico e risoluto, poiché anche un mercenario è suscettibile di sentimenti di bravura in presenza della bellezza.

«— Comunque, voi servirete degnamente la causa della legittimità, dell’ordine e della religione». — (Solite menzogne non delle sole gesuitesse).

Con inchini striscianti, ma divorandola cogli occhi, il generale accompagnò la Signora nell’appartamento a lei preparato, e tornò nel suo a meditare sull’esecuzione dell’impresa tremenda.