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capitolo xxvi 125


cesi, informandosi con esse di qualunque occorrenza e di qualunque mossa delle flotte francesi.

Era bel vedere due fregate inglesi alla vista di Tolone, ove ancoravano cinquanta navi da guerra francesi, dal brigantino al vascello a tre ponti, e qualunque movimento importante di quelle navi veniva, dopo pochi giorni, segnalato da una delle due fregate all’Ammiraglio.

L’altra fregata, agile come l’Albatros1, si manteneva alla vista della flotta nemica, veleggiando verso Agincourt, se perseguíta da forze superiori, ma sempre pronta a combattere ove la partita non fosse molto ineguale.

Vi era della vera e maschia poesia in quelle fregate a vela coi loro cinquecento lupi di mare per cui le tempeste e la morte erano un gioco.

La Borbona apparteneva ad un periodo di decadenza per la vela, ma di progresso nell’arte della distruzione, perfezionata poi dalle odierne corazzate: essa era fregata ad elice di 1a classe ed anche molto elegante.

Io l’ho veduta dall’alto di Villa San Giovanni cannoneggiando una povera batteria che le povere camicie rosse avean edificato sulla punta del faro, con due cannoni borbonici, e l’ho contemplata con orgoglio, per esser legno italiano, da poter comparire con decoro al cospetto delle fregate suddette.

Era il 24 luglio, quando per la prima volta in

  1. Uccello dell’Oceano.