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capitolo xxv 119


il nemico che di dietro il terribile muro dalle feritoie li fulminava.

Si durò così in una pugna ineguale ed accanita sin dopo il meriggio. A quell’ora la nostra sinistra avea ripiegato alcune miglia indietro e si rimaneva così scoperti da quella parte.

La nostra destra e centro, che si erano riuniti al comune pericolo, tenevano, ma con molte difficoltà e con perdite ben considerevoli.

Bisognava però vincere — e tale era il fatale animatore di quella stupenda campagna. — Bisognava vincere! e di ciò si persuada l’italiana gioventù.

Si tenti la vittoria cento volte, e se le cento volte manca al desiderato effetto, si provi la centunesima. — Pertinacia, tenacità, costanza vi vogliono nella guerra.

Le nostre perdite eran maggiori, quali non lo furono in qualunque pugna del mezzogiorno. La gente era stanca, il nemico avea comparativamente perduto pochissimo. Le sue genti fresche, intatte, e le sue posizioni formidabili. Eppure bisogna vincere! E lo ripeto! lo rammentino bene i nostri giovani concittadini — assuefatti a stancarsi con campagne di quindici giorni, — rammentino che noi, d’una generazione che passa, tanto lasciam da fare a loro, perchè non avemmo costanza, e che la redenzione di questa patria infelice dipende dal volerla tutti, e tutti contribuirvi, e sopratutto aver fiducia in noi stessi e nella vittoria quando sapremo farla piegare ad una volontà di ferro.