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112 | i mille |
mani sulla smisurata pancia, era lì lì per mandare uno di quei sospiri dolorosi che mostrano la depressione dell’animo. Ma si trattenne, e siccome il pericolo era tuttor lontano, e anch’egli non mancava di dissimulazione, si fece animo, e così ricominciò:
«Ma come va? Tutti quei nostri emissari inviati da noi, dall’imperatore, e raccomandati da Cavour e dalla corte di Napoli, non sono stati capaci di liberarci da quel pirata? — »
«— Favole, eminenza, favole! o quegli emissari non sono arrivati, o se arrivati, sono stati infetti dal morbo generale d’insurrezione e si sono gettati nelle fila dei Mille, ormai tenuti come esseri superiori davanti a cui tutto deve piegare.»
«Un solo, Talarico, calabrese, mandato da Napoli con nave da guerra, fu messo a terra di notte, e prometteva di compier l’opera a qualunque costo. Ma successe a lui, come al Cimbro di Mario. Nella stessa notte si vide giungere al nuoto a bordo della flotta, pieno di spavento, e confessando di non sentirsi capace a ferire quel capo di masnadieri, perchè ciurmato. Eppure Talarico è il più famigerato brigante dell’Italia meridionale, ed a lui si promisero ricompense spropositate. — »
«— Ecco, esclama l’eminenza, in questi casi mai si deve facilitare, e se avessero seguito i miei consigli, non si sarebbero lasciati partire dalla Liguria quei rompicolli. Il serpe si schiaccia