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capitolo xxii 103


impadronirsi del mazzo di chiavi attenenti alla chiave della propria cella, e profittando della confusione suscitata da Cozzo e compagni nel loro assalto, si accinse ad aprire quante celie le capitarono nel corridoio — piene tutte di prigionieri — e per fortuna indovinò nelle stesse quelle delle sue compagne.

Ricorderà il lettore come finì sventuratamente la lotta ineguale impegnata tra il pugno di prodi, di cui facean parte Cozzo e le tre eroine, e la guarnigione del castello, sostenuta dalle compagnie di sbarco della marina.

Ora la capitolazione dei Borbonici era firmata, l’Isola dovea essere evacuata, e certo i primi a liberarsi dovevano essere i detenuti politici di Castellamare.

La liberazione di quei cari e valorosi compagni, la maggior parte feriti, uscendo dall’ergastolo e risalutando il sole della libertà, acclamati da immensa popolazione, fu un vero giorno di festa per la capitale della Sicilia. — Ognuno abbracciava i suoi che avea creduto per sempre perduti — e lascio pensare con che giubilo Lina e Marzia furono accolte dai Mille, e massime da P. e da Nullo.

Lia era rimasta a custodire Cozzo, incapace di muoversi per le ferite, sino verso sera in cui fu trasportato in una bussola alla propria casa.

Giubilate pure, uomini e donne che contribuiste alla liberazione della patria! A che vale la vita dello schiavo! Non è meglio morire? Palermo