Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
52 | il governo del monaco |
Pieno di questi sensi gentili — ei la sorreggeva — poichè la sentiva stanca — e lei si contentava di quando in quando di alzare uno sguardo timidamente supplichevole verso il suo protettore. — Così camminavano verso la casa paterna che Silvio non aveva più riveduta dacchè era stata deserta da Camilla — e camminavano silenziosi.
Un terribile presentimento invadea l’anima d’entrambi — e l’ombra della notte copriva su quelle interessanti fisonomie un aspetto di mestizia, di disperazione, di dolore che s’andavano a seconda dei loro pensieri alternando.
Alla casa di Marcello giungevasi per un viottolo perpendicolare alla strada maestra, dalla quale distava circa un cinquecento passi. — Entrati che furono nel viottolo — (e già cominciava ad albeggiare) l’abbajare d’un cane — scosse Camilla dal suo letargo — e sembrò infonderle nuova vita. — È Fido! Fido! —: essa esclamò con una ilarità che da molti mesi erale sconosciuta — ma al tempo istesso come le avesse balenato un lampo nella mente - — le si affacciò l’abbiettezza della sua presente condizione — si staccò dal braccio di Silvio — lo guardò — e rimase sbalordita ed immobile come fosse una statua.
Silvio s’avvide di tutto — come leggesse