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il legato | 35 |
gnandolo fino ai primi gradini della scala più per cerimonia che per bisogno — essendo già ben rischiarato dalla lampada l’ampio scalone d’una casa delle più opulente di Roma.
«Ov’è Flavia? chiese il chiercuto al primo servo che gli capitò davanti - — e Siccio; che tale era il nome del servo - — proprio Romano davvero e poco simpatico all’uccello di cattivo augurio: «Al capezzale della morente» rispose, e voltò le spalle.
Ignazio con passo frettoloso — siccome ben pratico della casa — s’incamminò verso una stanza da letto che chiudeva una serie di salotti e di stanze ricchissime — e giunto alla porta faceva udire — (sommesso però) certo grugnito che avea del bestiale; ma ben inteso e capito egualmente, poichè in un attimo, lo schifoso ceffo d’una vecchia suora comparve sull’uscio — schiuse — introdusse premurosamente il prete e scambiò con lui uno di quegli sguardi che avrebbero agghiacciato il sole, se fossero stati ricambiati al suo cospetto.
«È fatto?» — «È fatto!» era la risposta della donna, ed entrambi s’incamminavano verso il giaciglio della morente.
Don Ignazio trasse di sotto alla gonnella una boccetta, ne vuotò il contenuto in un