Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
406 | il governo del monaco. |
afferrò per il braccio — e timorosa indicommi nella direzione della ruota una luce. —
«Abbandonai il liberato compagno — e fui tosto presso alla ruota. — Appena giunto — mi compariva innanzi un angiolo custode cioè uno dei birri — il quale s’innoltrava girando la ruota — colla sua brava lanterna sorda nella mano sinistra ed una pistola nella destra. —
«Fatto piccin piccino — e rannicchiato — io lo contemplai in tutta la maestosa sua corpulenza — e nella sua apparizione fantastica — e quando gli occhi suoi si fissarono spaventati sulla mia fisonomia — ben poco piacevole in quel momento — avevo già attanagliata la sua destra colla mia sinistra — la mia daga avea trovato la sede della vita nelle sue viscere — ed il corpaccio del birro rotolava cadavere sul terreno. —
«Voi sapete, Capitano — che io sono nemico del sangue — e che solo per difesa personale l’ho versato. — Ma là non c’era da burlare — sapevo i nemici non meno di cinque — e io ero solo.... ma che dico? al capitombolo dello sgherro — mi avvidi di non esserlo più — Il mio liberato — rifatto agile dall’urgenza, era già