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«Pensai alle compagne — e ad alcuni zolfanelli che tenevo in tasca — ma che avevo scordato nell’esaltazione della mia mente. — Accesi un zolfanello — contemplai ciò che avevo creduto una porta — e invece trovai essere una ruota1 — e miracolo! ben grato per Dio! a piedi — e nel fondo della ruota il mio cero — che la vecchia perversa avea lasciato cadere nella fuga.

«Kiacceso il lume — mi trovai accanto le mie povere compagne — tremanti come foglie. — Coraggio — dissi loro — e mi precipitai nel compartimento attiguo — dove mi seguirono una dopo l’altra — colla speranza di poter raggiungere la badessa — ch’io non dubitai più essere fuggita da quella parte. — Sollecitai il passo — ma a poca distanza — Dio mi perdoni! che orrore! Alle pareti del carname che io percorreva — una massa di creature umane — incatenate per il collo — alla cintola — e per ambe le braccia — penzolavano — la maggior parte cadaveri — più o meno imputriditi. — Un solo era vivo

  1. Ruota. — I lettori conosceranno senza dubbio quella cassa cilindrica — in cui si depongono le creature abbandonate — dalla parte di fuori degli orfanotrofi — e poi si girano in dentro.