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390 | il governo del monaco. |
«corridojo — scendemmo varie scale — ed al chiarore di una candela che avevo portato meco — scoprimmo una porta di ferro — sbarrata da un catenaccio. — Povera Nanna! dicevo tra me stesso — che delitto avrà mai commesso quella sciagurata fanciulla — da essere fitta in questa bolgia d’inferno?
«Giunti alla porta ferrata — la vecchia mise fuori una chiave — la introdusse nel catenaccio — aprì — e mi fece segno di tirare la porta — essendo troppo pesante per lei. — Io feci quanto mi venne richiesto — senza però perder di vista la mia guida — la cui compagnia m’era troppo necessaria. — Così aprendo la porta — misi prima la vecchia dentro — ed io dietro. — Appena entrato — una giovine donna — scapigliata — mi saltò al collo — e vi s’avvinghiò disperatamente.... Oh! Marzio: essa esclamò — e le lagrime della mia Nanna innondavano il mio volto. —
«Sono troppo corsaro — da non prendere le mie precauzioni in tempo d’urgenza. — Fuori di me dalla contentezza — per la redenzione della mia fanciulla — non mancavo però di adocchiare la megera — che senza il mio occhio fulminante — non avrebbe mancato di svignarsela. —