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il racconto. 383


«bile quale una cariatide — aspettando che gente venisse — foss’anco una pattuglia di birri — per me faceva lo stesso. — Nè ebbi ad aspettar molto — che dopo dieci minuti — mi giunse all’orecchio precisamente il suono de’ passi misurati d’una pattuglia. — Allora, colla velocità che tu sai. — »

E qui Gasparo interrompendo: «Corpo di di Dio! se la conosco, sclamò. — Ricordo ancora quel tal Monsignore — che, sulla strada di Civitavecchia, avendoci scorti — retrocedeva fuggendo a gran galoppo verso Roma — ed in men ch’io nol dico — tu eri al muso de’ cavalli — e fermavi la carrozza.»

«E che presa fu quella, comandante mio! — ci fu da scialacquare per molto tempo colla povertà cristiana di quel discendente dagli apostoli! — ma torniamo al racconto. Quando fui certo che la pattuglia veniva innanzi, corsi al fascio, lo accesi — e rapido tornai al mio nascondiglio. —

«In pochi minuti, una fiamma d’inferno divampava dinanzi al portone del convento — e lo stesso portone poco dopo infiammandosi — mostrava uno spiraglio di fuoco — simile al cratere di un vulcano. —