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l'infanticidio 25


non sente l’umiliazione della sua patria e che non è pronto a bagnare il suo ferro nel sangue de’ tiranni che la deturpano facendone una cloaca.»

«Maledizione! Maledizione!» rimbombò per più minuti l’ampia volta delle ruine — ed il tintinnio de’ ferri cozzanti, faceva riscontro al clamore delle voci; — terribile musica all’indirizzo de’ corrotti e scellerati padroni di Roma.

«Silvio! — ripigliava Attilio — questa fanciulla più infelice che colpevole, abbisogna di protezione — e tu generoso non gliela niegherai. Vanne e l’accompagna, ed il giorno della riscossa; noi siamo certi, non mancherai al tuo posto.»

E Silvio era generoso davvero — e amava ancora la sua disgraziata Camilla. Costei alla vista dell’amante parve quasi per incanto calmata del morboso furore, e tacita, rannicchiata era diventata docile come un agnello.

Silvio le si accostò — sollevolla — d’avvolse nel proprio mantello — e dolcemente tenendola per mano, la condusse fuori del Colosseo verso l’abitazione di Marcello.

«Per il quindici alle Terme di Caracalla — e pronti a menar le mani! ...»

«Pronti! Pronti!» ripeterono i trecento — ed in pochi minuti il deserto delle rovine avea ripreso la sua tetra spaventosa solitudine.