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roma. 363


— per paura che ci castighi — passeggiare per casa nostra — dire al mondo che siamo padroni di noi — strapparci dal fianco il dardo che perfidamente ci ha conficcato.

E più umiliante — più degradante ancora è la condizione che il despota straniero ci ha imposta — lasciò la preda che l’anatèma del mondo gli vietava — e ne disse: Codardi! guardatela — fate da birri in vece mia — ma non la toccate!

Oh! Roma! patria dell’anima! tu, sei veramente la sola! l’eterna! Al disopra d’ogni grandezza umana — anche oggi... sotto qualunque degradazione! — Il tuo risorgimento non può esser che una catastrofe — da mettere a soqquadro il mondo!