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il duello. 357


«Tornate amici — tornate fratelli! — Domani voi proverete allo straniero — che tenterà ancora di strapparvi le vostre sostanze e le vostre donne, chi dei due sia più valoroso.»

Le onde dell’Adriatico infrangevansi contro gli scogli granitici che arginano i murazzi — con più effetto delle parole patriottiche ed umanitarie del vecchio — sull’ostinata risoluzione di quei due assetati di sangue — ed il principe, con certo piglio di dispetto, che chiariva l’aristocratica origine — intimò al vegliardo: — «ritiratevi.» —

Si ripresero da capo i segnali, le battute di mano si seguirono, ed alla terza gli avversarii marciarono ad incontrarsi colla pistola armata nella destra — e coll’occhio fìsso l’uno sull’altro senza battere palpebra — col meditato intento dell’omicidio.

A dodici passi sparò il principe — e la sua palla sfiorò passando la parte destra del collo di Morosini: — lo ferì — ne sgorgò il sangue — ma fu ferita leggera. — Il soldato di Calatafimi più freddo dell’avversario, s’avvicinò di più — a forse otto passi — sparò — ed il fratello della nostra Irene — si aggomitolò cadendo sul terreno come uno straccio. — La palla gli avea traversato il cuore.