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358 il governo del monaco.


e di aspetto venerando, che si affrettava correndo verso di loro. — «Fermi!» ripeteva ancora il vecchio venendo avanti — e non si fermò se non giunto che fu tra i due armati. — Allora cominciò con voce alquanto tremante ma maschia e sonora, tanto che pareva incompatibile col mucchio d’anni indicato dalla sua. canizie: «Fermi! figli d’una stessa madre, l’atto che voi siete per compiere, macchierà l’uno dei due col sangue d’un concittadino! Non potrebbe essere versato invece a pro di questa terra infelice — cui tanto ancora resta a fare, per raggiungere la indipendenza a cui agogna da secoli. — Tra voi, il vinto morirà senza una parola d’affetto, una benedizione de’ suoi cari: — il vincitore rimarrà coll’aspide del rimorso nel cuore tutta la vita! — Oh voi! che ai lineamenti gentili io conosco nati su questa terra di pianto — non ha l’Italia molti nemici ancora, e non abbisogna essa di tutte le braccia de’ suoi figli per scuoter le secolari catene? — Cessate dalla lotta fratricida, ve lo chiedo — ve lo impongo in nome della madre comune! Cessate! — non rinnovate le gare antiche — retaggio fatale degli incauti — scellerati padri vostri — che precipitarono questa bella patria in tanta abbiezione!