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342 il governo del monaco.


— quella parte di popolo dico — più distante dal solitario, ma più vicina al palazzo principesco del Patriarca — s’avanzava come l’onda d’un torrente che precipita dalle montagne — ed assaltava il vestibolo del palazzo suddetto — rovesciando quanti ostacoli si opponevano alla sua furia. —

In pochi minuti ogni salone, ogni stanza del maestoso palazzo erano invasi — e per le finestre si vedevano svolazzare tutti que’ simulacri d’idolatria con cui i preti sì spudoratamente beffeggiano le ingannate moltitudini.

Molti artisti innamorati del bello avrebbero potuto gridare allo scandalo — al sacrilegio! in quel rovinio d’ogni aggetto d’arte — e per vero dei ben preziosi capolavori — sotto forme di santi o di madonne andaron travolti ed in pezzi — nel generale esterminio. —

Tra le astuzie dei sardanapali pretini — ricchissimi com’essi furoni sempre mercè la stupidirà dei fedeli — non ultima fu quella d’impiegare gli artisti più eminenti nell’illustrazione delle loro favole. — Quindi i Michelangeli ed i Raffaelli d’ogni età, furon da loro assoldati — ed il popolo anche persuaso della vanità delle proprie credenze, e dell’impostura dei leviti di Roma — rispetta ancora