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decreto di morte. 339


— «Hai forse scordato — quando vendevi la gioventù romana ai preti — che poco mancò non la facessi crudelmente trucidare tutta dai loro carnefici? —»

Nuovo pianto! nuovo pianto ancora scorreva dagli occhi del codardo. —

E Muzio: «Ora poi, la tua venuta a Venezia — bel soggetto! — cosa significa?

«Chi t’ha inviato? À che sei venuto qui — perverso? —»

«Vi racconterò tutto» era la risposta del malandrino. — E l’altro: «Conterai tutto, vedremo! — e nulla ti resti in fondo di quel sacco di malizie e di tradimenti — che tieni al posto della coscienza.»

«Tutto! tutto!» gridava Cencio come un energumeno.

E come dimentico di quanto doveva narrare — e sopraffatto ancora da immensa paura — non sapeva da dove cominciare.

«Saresti più lesto nelle tue delazioni al Sant’Ufficio, boccone da forca.,» susurrava Gasparo, col suo vocione.

«Avanti!» esclamarono Orazio ed Attilio — rimasti pazientemente silenziosi sino a quel punto. —

Un momento d’assoluto silenzio seguì quel primo atto un po’ tempestoso, e Cencio principiava a narrare così: