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roma in venezia. 325


cambiare il bene in male — l’oro in immondizie — e le nazioni le più prospere, le più potenti, in una turba di mendichi — e di sagrestani. Questa stirpe, che si dice figlia della romana — fu pure invilita — degenerata!» — E lui, che tanto ama il popolo, ne piangeva nell’anima addolorata!

Il solitario era commosso — ma non per questo lasciava di gettare uno sguardo scrutatore sulla folla circostante. — L’esperienza di cui non doveva mancare a sessantanni di una vita di tante prove — lo avvisava di star cauto rispetto alla natura delle folle e degli assembramenti popolari — ove nelle moltitudini si nasconde facilmente il ladro, l’assassino, la spia ed il prete, generalmente occulto sotto mentita veste. — E veramente: in quella povera Venezia, surta appena dalla tirannide straniera, formicolava ancora gran parte di quella canaglia. — che rende il despotismo possibile, vendendo l’anima a quattrini — e molta se ne poteva distinguere da occhio esperto — frammischiata al buono ed onesto popolo. —

Girava dunque il suo sguardo sulla popolazione affollata — il solitario — quando un picchio leggiero sulla spalla lo fece accorto di Attilio — «Non vedi» — gli disse il suo