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266 il governo del monaco


mortificato e sdegnoso di fuggire correndo — quando fu raggiunto da Attilio il quale gli intimò la resa.

Tortiglia, gridò, morrebbe prima di arrendersi — onde l’italiano allora attortigliatosi il mantello al braccio sinistro, allontanò con quello la spada del capitano — e gli si avventò addosso col pugnale nella destra. — Lo spagnuolo che era piccolo di statura ma agile e svelto — lottò — dimenossi per un pezzo — ma l’artista lo sollevò da terra e stizzito dalla resistenza di quel fantoccio che ei non voleva uccidere — lo gettò con impeto contro il suolo, come fosse un sacco di stracci. Fu ventura per Tortiglia che il suolo era erboso — se no. l’arte d’Esculapio non sarebbe bastata ad accomodargli le ossa sconquassate. —

Non oltre il limitare della selva i proscritti perseguirono la truppa, salutandola con alcuni tiri — per toglierle la voglia di voltarsi indietro. — poi — medicati alcuni feriti d’ambo le parti: — inviati a Viterbo — sotto la scorta dei soldati prigionieri — gli stranieri feriti — internarono nella selva i propri. — Il capitano Tortiglia trattennero solo, più per ostaggio — che come prigioniero. —

Clelia e Irene furono festeggiate da tutti