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la congiura. | 11 |
volto nel suo mantello cencioso — cerca ripararsi in qualche aristocratico portone o sotto il peristilio di qualche chiesa: — il prete servito dall’inseparabile Perpetua sta invece rifocillandosi a lauta mensa — e si prepara a delizioso riposo, di vivande ripieno e di vini prelibati.
Là nel fondo dell’antico Foro — sorge il maestoso gigante delle ruine — tetro, imponente — segnando a questa generazione di schiavi cento passate generazioni — e ricordando ai Romani — che la loro Roma — sconquassata dal tempo e dalla vendetta delle già oppresse nazioni — crollò, non cadde. —
Lo straniero suole visitare il Colosseo a lume di luna — ma bisogna vederlo in una oscura notte di tempesta — illuminato dal lampo — scosso dalla folgore — e pieno di cupi e strani rimbombi.
Tale era la notte dell’8 febbrajo — quando i congiurati ad uno ad uno — per diverse vie si avvicinavano all’anfiteatro dei gladiatori e delle fiere, avvolti in ampi mantelli che nella luce incerta parevano toghe. È privilegio oggi de’ mendichi soltanto quello di andare per le vie di Roma coperti dal tradizionale mantello in guisa da parere togati — e forse non pochi mendichi v’erano tra que’ generosi — perchè sulla terra dei Bruti — spesso si nasconde