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214 | il governo del monaco |
«E cammina, e cammina — sgomitolando il mio filo — ed accendendo un nuovo cero a misura che si consumava l’acceso!
«Giunsi finalmente al termine — non del sotteraneo. ma del mio filo — e con mio dispiacere riscontrai che non avevo nella mia impresa scoperto altro che la terribile solitudine che mi stava ancora davanti. Stanco — forse alquanto scoraggiato di dover rifare sì lungo tratto di strada — me ne stavo lì — preoccupato dalla vanità delle ricerche e dalla noja della mia posizione. — Stringevo il filo che temevo di perdere e contemplando il lume che temevo di spegnere — credo che dovessi essere alquanto istupidito — quando uno strascinare — come di veste di donna — si fece udire dietro di me — e mi destò quasi di soprassalto. — Curioso, sorpreso, impaurito mi volgo verso la parte dove mi pareva aver udito il fruscio — ma nell’atto di volgermi — un soffio spegne il lume — il filo mi vien strappato di mano. — robuste braccia cingono e stringono le mie in modo da stritolarmi le ossa — ed un panno mi viene avvolto intorno alla testa forse per bendarmi gli occhi, ma in guisa da impedirmi quasi la respirazione.