Pagina:Garibaldi - Clelia.djvu/191


la bella irene 177


«è vero? — Io non risposi — ma senza resistenzà lasciai che traesse a sè la mia mano che egli baciava fervidamente.

«Voi saprete — continuava egli — ch’io sono un plebeo. — Irene — un orfano! — i miei genitori perivano entrambi alla difesa di Roma contro gli stranieri: — su questa terra altro non mi rimane che il braccio ed un animo consacrato all’Italia ed a voi. —

«Predisposta com’era ad amarlo — fin da quando egli non era per me che una creazione della fantasia che dava una forma al mio liberatore — potete immaginarvi se in quel momento, in cui l’essere fantastico della mia immaginazione, e del mio affetto — aveva presa forma viva — che ne udiva la maschia — ma affettuosa e soave voce — io mi trovassi veramente beata.

«Sentivo di esser sua — ed egli avrebbe potuto disporre di me come d’una schiava; tale era il fascino che esercitava sopra la mia volontà.

«Irene! — egli continuava — è d’uopo che ascoltiate ancora — che sappiate che io non solamente sono un povero orfano — ma sono proscritto — condannato a morte —