Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
il castello | 163 |
nella folla tranquillo ed altero — mentre dei Romani non uno — gli chiese conto dì un torto.
E sì a molti dei presenti egli avea ucciso congiunti, amici, fratelli.
Cesare non sanguinario al pari di Silla — ma d’un’intelligenza a lui superiore, non seppe imitarne l’abnegazione — si lasciò cullare dalla propria ambizione, e sognò di poter cingere la fronte d’una corona. — I pugnali degli ultimi Romani distrussero il suo sogno trafiggendolo a morte.
Sulle rovine della Kepubblica surse l’Impero.
Fra gl’Imperatori ve ne furono dei meno tristi — come Trajano, Tito Antonino e Marco Aurelio — la maggior parte però furon mostri — che non contenti delle immense ricchezze che possedevano nelle loro condizioni supreme — cercavano ancora usurpare le sostanze altrui, e guai al ricco Romano — ch’essi potevano depredare con uno od altre pretesto! —
I cittadini che possedevan grandi ricchezze procuravano d’allontanarsi da Roma — alcuni cercavan rifuggire in paesi stranieri, altri in siti reconditi ove non vi fosse probabilità di venire molestati. — Tra questi ultimi un discendente di Lucullo — sotto il regno di Nerone