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154 | il governo del monaco |
come solo loro sono capaci di prostituire — che arsero i nostri padri — che stuprarono le nostre vergini — che fecero della nostra Roma, un bordello! una cloaca!!!»
Attilio fuori di sè alzava la voce oltre misura — onde Silvio più pacato — gli disse: «Parla sommesso, fratello — tu sai come siamo perseguiti — e non è difficile che nei dintorni di questa casa — vi sieno sgherri appiattati. — Qui già non si può più stare — lasciamo Regolo incaricato delle cose nostre in città — e prendiamo la campagna — là, non mancano amici — i coraggiosi vivono dovunque — lasciamo che Italia si stanchi d’essere ludibrio di queste sue mignatte in maschera liberale — di questi mercanti di uomini — tra l’impostura e il dispotismo!» — «Andiamo!» continuò Silvio dopo un istante di pausa, durante la quale pareva che un’ignota forza volesse collocarsi fra lui e il suo divisamento. «I nostri nemici ci chiameranno briganti — avventurieri — come ci chiamarono nella gloriosa spedizione di Marsala — che importa? — come allora, noi tuteleremo la libertà di questa nostra patria infelice — e marceremo alla riscossa — quando essa voglia davvero emanciparsi dalla tirannide.»