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Libri De Coelo di Aristotele, Platone faceva già un passo ulteriore, quando poneva come compito agli astronomi di determinare i moti circolari e uniformi che permettono di salvare le apparenze dei pianeti.

Platone preconizzava anzi l’impiego dei modelli meccanici, affermando che «si farebbe opera vana ove si tentasse di esporre codesti fenomeni senza ricorrere all’uso di imagini che parlino agli occhi».

Del significato profondo della posizione platonica ci siamo resi conto appena in questi ultimi anni; e il merito risale, indirettamente, a Lagrange.

Prima di Lagrange nelle equazioni della dinamica comparivano tutte le coordinate geometriche delle varie masse componenti il sistema. Egli osservò che tenendo conto dei vincoli si potevano eliminare altrettante coordinate, e si poteva mantenere da ultimo un numero di variabili uguale a quello dei gradi di libertà; le quali variabili residue non sono necessariamente delle coordinate geometriche libere, ma anzi possono essere funzioni di queste ultime.

Ora, se un fenomeno naturale è di origine meccanica, le sue leggi dovranno potersi scrivere sotto la forma delle equazioni di Lagrange; e le variabili saranno delle grandezze che cadono sotto i sensi e comportano una misura diretta.

Per stabilire dunque la meccanicità di un sistema è necessario e sufficiente riconoscere la coincidenza formale fra le leggi ricavate dall’esperienza e le equazioni di Lagrange.

Ma il lavoro analitico si può anche evitare; ricorrendo, come suggeriva Platone, ad una icona del sistema naturale.

Chi costruisce un modello di un fenomeno ne dimostra infatti il carattere meccanico: in tanto un modello è modello in quanto le sue equazioni sotto la forma di Lagrange coincidono con le leggi sperimentali del fenomeno.

Questa era la portata e questo il valore logico del pensiero di Platone.

Taluni scienziati moderni arrivano fino a Platone, ma si rifiutano di andare più avanti.

I Greci avevano veduto invece, ancora una volta, la possibilità di procedere, e quello che Adrasto di Afrodisia diceva di Ipparco si potrebbe ripetere degli agnostici contemporanei.

Il grande astronomo aveva riconosciuto come i moti dei pianeti si potessero spiegare ugualmente bene con l’ipotesi delle sfere eccentriche e con quella degli epicicli.