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La famiglia De-Tappetti si alza con entusiasmo, si precipita verso il visitatore, lo sbarazza dell’ombrello, del paletot, del cachenez e della tuba, sulla quale Agenore si affretta a disegnare un gigantesco 14 col dito intinto di saliva.

— Oh caro compare! che onore! che piacere!

— Davvero! con questo tempaccio!

— Vi siete bagnato?

— Venite qui, vicino alla tavola: c’è più luce, — dice Policarpo con premura, come se lo invitasse ad accostarsi a un caminetto.

E il cavaliere Anassagora Caramelli, compare di Policarpo e di Eufemia, impiegato al fondo per il culto, viene trascinato a una poltrona che si regge per miracolo. Il cavaliere siede, ma si alza di botto, con faccia spaventata e portando una mano sotto la falda del soprabito. L’estremità d’una molla a spirale, fuori di sesto, acuta quanto un cava-tappi, lo ha punto vicino l’osso sacro.