Pagina:Gandolin - Guerra in tempo di bagni, Milano, Treves, 1896.djvu/259

Flora, che pareva versare, sulla sua testa scarmigliata, un odoroso cornucopia di giacinti, di primule, di pervinche, di papaveri.

Mario, a sua volta, appoggiò i gomiti sui ginocchi, reggendosi la testa fra le mani, come Archimede assorto in una profonda elucubrazione matematica.

Prospero, vinto anche lui dal sopore, si alzò, fece cautamente un giretto nel giardino, poi, confortato da quella grande claustrale tranquillità, si buttò a sedere sopra un’aiuola d’erba tenera, che pareva un tappeto: ma in un certo modo di sedere, che pareva quasi sdraiato: in capo a dieci minuti, sdegnando ogni ipocrisia, si distese lungo sull’erba, al monotono canto del grillo, e bentosto le tre vigili scolte somigliavano assai alle guardie leggendarie del santo sepolcro.